Prima di riassumere le origini dei nostri costumi, ovvero il "Tracht" delle Valli del Leno, riprendiamo quanto edito su Vallarsa notizie del marzo 1997:
"Vallarsa : tra due culture"
Arthur F. Stoffella, studioso e storico, giornalista e Maestro del Lavoro, su incarico dell’Amministrazione comunale sta portando avanti una accurata ricerca sui costumi della gente di Vallarsa. "Dopo aver visitato archivi, biblioteche, musei ed altri istituti, aver sentito i pareri dei maggiori esperti di costumi Tirolesi del Trentino, Alto Adige e del Tirolo -scrive Arthur al sindaco- posso dire che attualmente sono il maggior documentato sui costumi e tradizioni della Vallarsa. Attualmente sono, tra l’altro, in attesa di risposta da parte dei figli di emigranti Vallarsesi che hanno lasciato la valle verso la fine del 1800. Infatti -prosegue lo storico- non escludo che proprio da loro possa avere qualche informazione utile per la nostra ricerca e quindi renderla più completa." Nel frattempo ci ha mandato, e pubblichiamo i primi tre capitoli sui costumi della Vallarsa, sperando preso di completare questo interessante studio.
Questa premessa per rendere omaggio al nostro Arthur F. Stoffella storico, fondatore ed attuale Presidente Onorario dell’Associazione Culturale "Gruppo Costumi Storici Valli del Leno – Laimpachtaler Zimbarn".
Ora riprendiamo alcuni stralci della ricerca, condotta e pubblicata nel 2018 da Hugo-Daniel Stoffella:
Prima di entrare nel merito è doverosa una breve premessa; il termine italiano "costume" può essere fallace. Infatti non si tratta di un classico costume che serve per travestirsi, ma di un abito vero e proprio, indossato realmente in occasioni importanti nel corso dei secoli passati fino ai giorni nostri. Ancora oggi nel dialetto delle Valli del Leno si usa dire "gabàm" che significa appunto abito: parola di evidente derivazione cimbra ossia tedesca. Sia nel dialetto bavarese, sia in quello tirolese si usa dire "Gwand" derivante dal tedesco "Gewand" quando si parla della "Tracht", ossia del costume.
È bene precisare che stiamo parlando del cosiddetto "costume festivo" e non del "costume domenicale" o del "costume feriale". Infatti si tratta di costumi ben diversi e differenti tra di loro che non vanno confusi.
Nell’ottocento il giudice Friedrich von Attlmayr, a quel tempo presidente del Tribunale di Rovereto, descrisse in modo dettagliato il costume che gli abitanti delle Valli del Leno, in particolar modo quelli di Vallarsa indossavano nei giorni festivi – una descrizione che, come precisa Attlmayr, gli è stata fornita direttamente dal Capocomune di Vallarsa, Giuseppe Noriller:
"….nach der Erzahlung des Vorstehers von Vallarsa, Joseph Noriller in derVorzeit daselbst allerdings eine eigene Tracht üblich war, und zwar eine scharlachrothe kurze Jacke mit gleicher Weste, aufstehenden weissen Halskragen una Krausse an der Brust, niederer schwarzer Hut mit breiten Felgen und kurze ledeme Hosen, dann eine aus genahte Leibbinde von Leder, in welcher das Messer und Pistolen steckten, oder auch eine Binde von Seidenzeug, ja, schmucke Busche sollen noch im vorigen Jahrhundert an Feiertagen diesen Kostum getragen haben, das der Beschreibung nach lebhaft an di heutige Tracht des Sarnthales bei Bozen erinnert."
In base alla descrizione fornita dal Capocomune Noriller all’Attmayr si può osservare che il costume festivo era composto dai seguenti indumenti:
-una giacca corta di colore rosso scarlatto con un gilet uguale, una camicia di colore bianco con colletto alto e increspata sul petto,
-un cappello basso di colore nero con ampie tese,
-pantaloni corti di cuoio,
-un cinturone cucito, fatto di cuoio, nel quale sono posti il coltello e le pistole, oppure una fascia di seta.
Come sottolinea Attlmayr nel 1865 e confermato successivamente da altri studiosi italiani, tale costume festivo, in uso nei secoli scorsi fino a tutto il Settecento (e successivamente abbandonato) coincide ampiamente con quello della Val Sarentino.
La descrizione fornita dal Capocomune Noriller all’Attlmayr è stata ripresa successivamente dallo studioso Roberti il quale aggiunge un particolare importante che manca nella descrizione, ossia il colore delle calze che erano verdi o azzurre.
Per quanto riguarda il cappello la forma è identica a quella della Val Sarentino; ed in passato era caratteristico e parte integrante del costume festivo in molte vallate e montagne tirolesi; inoltre questi caratteristici cappelli facevano parte anche di alcuni antichi costumi bavaresi (vedi dipinti presso Il Museo nel Monastero di Steingaden). Appare anche in una antica raffigurazione sulla quale il cappello è indossato da un uomo in riva al torrente Leno sotto il ponte Forbato a Rovereto.
È interessante notare che parecchi indumenti dell’antico costume festivo delle Valli del Leno sono presenti anche nell’antico costume festivo di Luserna; inoltre una forte somiglianza li troviamo anche tra i costumi festivi di Folgaria. Un gilet di color rosso, identico a quello delle Valli del Leno, è infatti presente tra i costumi di Folgaria come dimostra un acquerello realizzato dall’etnografo Carl von Lutterotti, facente parte della collezione di rappresentazioi di costumi tirolesi realizzate dallo stesso fra il 1827 ed il 1833 (conservati presso il Museo Ferdiandeum di Innsbruck)
Se dunque il costume feriale della Vallarsa e quello dell’altipiano di Folgaria sono sostanzialmente identici e se i costumi festivi di entrambi presentano molti indumenti in comune, allora si può presumete che anche il costume femminile dei due territori adiacenti, situati in "terra cimbra" sia stato sostanzialmente uguale. Per tale motivo si può prendere in considerazione l’immagine del costume festivo femminile di Folgaria, realizzata sempre dal Lutterotti, per ricostruire quello in uso nelle adiacenti Valli del Leno.
Il costume femminile festivo risulta pertanto composto sostanzialmente da un vestito con ampia gonna lunga, un grembiule ed un foulard, entrambi chiari e decorati, nonché da un cappello nero con cordone blu.
Tutti i costumi femminili nell’allora Tirolo Meridionale, rappresentati dal Lutterotti, fanno riferimento a un modello comune di abbigliamento femminile che si era formato già nel XVI secolo. Consisteva in una gonna ampia fin sotto il ginocchio, una camicia lunga portata fino all’orlo della gonna, mentre la parte anteriore della gonna era coperta da un grembiule con decorazione floreale (completato da nastro di colore contrastante e allacciato sempre in cintura, al centro, sul davanti), la parte inferiore delle gambe sono protette da calze a maglia; anche il cappello di feltro nero e scuro ed i fazzoletti da spalle sono d’uso generalizzato.
(Fonte: " I costumi storici cimbri nelle Valli del Leno - Laimpachtaler Zimbarn: il costume più antico del Trentino e il più meridionale bavarese, con uno sguardo ai territori storici di insediamento della minoranza linguistica cimbra, la sua gente e la sua storia" di H. D. Stoffella -edizione 2018)
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